Sondaggio cori pandemia 2020

Sondaggio cori pandemia 2020

Si sta concludendo il sondaggio di Scintille Solidali sugli influssi della pandemia da Covid-19 sulla vita dei cori in Italia. Una indagine per cercare di verificare i danni di questo momento sulla nostra vita associativa, che tanto dà alla cultura musicale di questo nostro splendido paese, e che ora deve fare i conti, come tutti, con la propria sopravvivenza.

Hanno risposto circa 120 cori, così suddivisi: Abruzzo 10 %, Basilicata 0,8 %, Calabria 0,8 %, Campania 1,7 %, Emilia Romagna 18,3 %, Friuli-Venezia Giulia 1,7 %, Lazio 0,8 %, Lombardia 9,2 %, Marche 8,3 %, Molise 0,8 %, Piemonte 1,7 %, Puglia 5 %, Sardegna 11,7 %, Sicilia 26,7 %, Toscana 0,8 %, Veneto 1,7 %, Liguria, Trentino-Alto Adige, Umbria e Val d’Aosta 0%.

 

Tutti i cori hanno interrotto la propria attività durante il primo lockdown di marzo.

Solo il 43,3 % dei cori, durante il primo lockdown, ha continuato in modalità digitale, organizzandosi e vedendosi da aprile in poi su uno schermo. Emerge il primo dato importante: il 57,5 % dei cori ha preferito NON vedersi dietro una schermo.

Finito il periodo di prima emergenza, il 30,8 % dei cori NON HA ripreso le prove: ed è il primo dato preoccupante che deve far riflettere. I cori che invece hanno ripreso lo hanno fatto principalmente nei mesi di giugno e settembre.

Indipendentemente dalla ripresa o meno, il 18,3 % dei cori ha avuto “casi di isolamento fiduciario a seguito di situazioni personali potenzialmente pericolose (viaggi, incontri con sospetti positivi)”, e il 12,5 % ha segnalato “casi di positività nel coro dalla ripresa delle attività ad oggi”.

Infine il 97,5 % dei cori ha confermato che i “comportamenti dei cantori sono stati responsabili e aderenti ai protocolli suggeriti e adottati”.

Il sondaggio è partito nel mese di ottobre, e non prevedeva domande su ulteriori lockdown: gli attuali blocchi, e la previsione di non poter svolgere i concerti nel periodo natalizio, provocheranno a nostro avviso un rischio di chiusura dei cori in Italia che potrebbe sfiorare il 50 %, cambiando totalmente la “geografia corale” del nostro paese. Ovviamente speriamo di sbagliarci, ma l’impatto sulla socialità e la musica, l’educazione all’ascolto e il rispetto per la condivisione del risultato finale con un gruppo di persone (già questo, di questi tempi, ha qualcosa di miracoloso), potrebbe essere devastante.

Cosa fare?

A nostro parere l’atteggiamento principale da assumere da subito è quello dell’ascolto – per chi “pratica” il coro non dovrebbe essere una conquista difficile – verso i cori che in questo momento non riescono a trovare le motivazioni per continuare. La condivisione delle problematiche attuali deve essere l’inizio di un dialogo utile a mettere in atto attività che rimodulino il nostro essere coro, almeno in questo momento.

Il passo successivo potrà essere il coinvolgimento delle associazioni maggiormente inserite e strutturate nel territorio, le associazioni regionali a rete regionali e nazionali, in modo da far emergere le criticità che oggi, o appena dopo la riapertura, devono essere affrontate per evitare la NON riapertura di questi avamposti della cultura.

E forse non basterà parlare e condividere, ma bisognerà intervenire in maniera concreta, con richieste di sostegni anche economici ai ministeri coinvolti, alle istituzioni e agli enti preposti per sostenere la ripresa dell’attività corale. La coralità è capace di aggregarsi, in caso contrario smentirebbe la propria natura, ma è indubbio che ha bisogno di avere un supporto logistico, organizzativo, di consulenza.

Come non mai.

 

 

1 Comment
  • Paola Errore - Coro Euridice
    Posted at 12:12h, 30 Novembre Rispondi

    Lodevole iniziativa! Avanti così!

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